26.4.10

Tim Parks: Perché i traduttori meritano un po’ di riconoscimento.

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C’è complicità tra globalizzazione e individualismo; ognuno di noi può guardare qualsiasi film, leggere qualsiasi romanzo, creati ovunque nel mondo, e provare la stessa esperienza degli altri. Che shock quando ci ricordano che, in effetti, abbiamo bisogno di un esperto che faccia da mediatore; quel che leggono i cinesi è solo una versione mediata di me; quel che leggo io è un Dostoevsky mediato.
(…)
Non saprete mai esattamente che cos’ha fatto il traduttore. Egli legge con attenzione maniacale alle sfumature e alle implicazioni culturali, conscio di tutti i testi che precedono quello cui sta lavorando; quindi si appresta a riscrivere quest’impossibile complessità nella sua lingua, rielaborando tutto, cambiando tutto perché tutto resti uguale, o quantomeno il più vicino possibile alla sua esperienza dell’originale. In ogni frase, il rispetto più leale deve combinarsi alla più ingegnosa inventiva. Per avere un’idea delle dimensioni del problema, immaginate di spostare la torre di Pisa a Manhattan, e di convincere tutti che quello è il posto giusto per lei.”
(Tim Parks, qui; traduzione al volo mia)